PRESUPPOSTI
La diga foranea spezzina funziona da sempre come barriera di protezione contro le mareggiate per la costa interna del golfo. Assolve anche ad un compito strategico non secondario legato alla presenza del porto militare, obbligando la navigazione a transitare attraverso le bocche, facilmente controllabili, di Santa Teresa, a levante, e di Santa Maria, a ponente.
La diga si conforma come una lunga e stretta striscia artificiale costituita da un basamento subacqueo in toutvenant (materiale inerte di cava di dimensione estremamente variabile), ricoperto da una camicia in pietra cementata, detta “mantellata”. Superiormente la mantellata è protetta da una coltre continua di pietre di cava di dimensioni notevoli, con funzione di frangiflutti.
Tuttavia, questa forma, se assolve egregiamente la funzione di protezione strategica del golfo, costituisce un ostacolo allo sfruttamento turistico e nautico della diga stessa: la larghezza media è ridotta, soprattutto se paragonata alla lunghezza complessiva (circa 20 metri contro 2,20 chilometri); non esistono adeguate aree o banchine di attracco, benché la diga sia raggiungibile esclusivamente via mare; non è possibile collocare strutture di servizio, data l’assenza di un vero e proprio piano di calpestio; la massicciata, in condizioni meteo avverse, è parzialmente sommersa dal mare; nelle acque limitrofe sono installati alcuni allevamenti di miticoltura e di itticoltura; gli specchi acquei prospicienti i frangiflutti non risultano balneabili. Infine, sulle due estremità è obbligatorio mantenere i due fari di segnalazione per i naviganti.
La diga attuale, quindi, è un ostacolo non solo fisico, ma anche “formale” che deve essere modificato nel caso dello sfruttamento per fini turistico - nautici. Queste modifiche non devono intaccare le potenzialità strategiche di protezione del golfo spezzino.
CRITERI METAPROGETTUALI
Alla scala complessiva, il criterio formale di progetto prevede di “spezzare” la linearità della diga foranea in due tronconi parzialmente sovrapposti, con la creazione di un nucleo centrale dove collocare le funzioni di diporto nautico quali attracchi, servizi ai diportisti, marina attrezzata, ecc.
La separazione tra i due tronconi, dal punto di vista realizzativo, comporta la demolizione di un tratto di diga lungo circa 650 metri: tutti i materiali derivanti dalla demolizione (pietre di coltre superiore, mantellata e corpo basamentale sommerso) saranno riutilizzati per la costruzione dei due nuovi pennelli frangiflutti, con un ridotto apporto di nuovi materiali.
Operando in questo modo sarà possibile creare un nucleo centrale protetto da un’ala frangiflutti esterna posta a circa 60 metri verso il mare aperto, con una piccola rada interna per l’attracco e il transito di natanti a pescaggio ridotto.
La diga assume una nuova conformazione, incardinata sul polo centrale e sugli estremi, collegati tra loro con un percorso longitudinale sviluppato su tutta la lunghezza della diga.
La continuità del percorso è assicurata anche in corrispondenza della separazione delle due ali prospicienti del nucleo, collegate da un ponte mobile con rotazione ridotta, capace di movimento automatico prestabilito per permettere il transito, ad orari prestabiliti, delle imbarcazioni private di stazza elevata.
La funzione protettiva della diga è quindi accresciuta dal raddoppio verso l’esterno di un ulteriore barriera frangiflutti, ma contemporaneamente non costituisce più un ostacolo al transito delle piccole imbarcazioni private e di trasporto di turisti, obbligandole verso le due bocche laterali.
CRITERI ARCHITETTONICI, TIPOLOGICO-FORMALI E DISTRIBUTIVI
Alla scala architettonica è necessario considerare alcuni aspetti che influiscono sulle scelte progettuali.
Il sito non si presta allo sfruttamento a fini turistico-nautici per tutta la durata dell’anno, in quanto le condizioni meteorologiche invernali risultano proibitive. Il periodo di sfruttamento corrisponde alla stagione turistica che, nel caso della Spezia, può essere considerata coincidente con il periodo di attività dei trasporti turistici su battello (indicativamente tra la seconda metà di Aprile e la prima metà di Ottobre).
Le condizioni meteo e il traffico estremamente ridotto, quindi, non permettono di mantenere in situ le strutture sulle punte e sul frangiflutti esterno, mentre il nucleo centrale sul pennello interno, maggiormente riparato, si presta ad ospitare strutture fisse con utilizzazione e sfruttamento continuativo.
Le strutture pensate per questo progetto, dunque, si differenzieranno in funzione della loro posizione, nel quadro di un’idea architettonica unitaria: forme che simulano l’aspetto predominante della diga, ovvero la sua artificialità costruita con elementi naturali estremamente solidi e compatti, ma, contemporaneamente, frammentati.
In quest’ottica, per il nucleo centrale sono stati ideati edifici dalle forme “pure” e spigolose, con prevalenza di superfici continue e solide in cemento a vista rispetto a quelle in vetro.
Questi edifici sono pensati come parzialmente ipogei, in modo da simulare - anche se a scala maggiore - le forme delle pietre della coltre protettiva della barriera frangiflutti. Di altezza non superiore ai sei metri nell’apice maggiore, non risulteranno comunque eccedenti rispetto la coltre protettiva, conformandosi come strette costruzioni emergenti dal terreno con una copertura inclinata parzialmente calpestabile, lungo la direzione predominante dell’asse SW – NE. In questo modo, le visuali “consolidate” da entro e fuori diga, a livello del mare, non risulteranno alterate e gli apici percepibili delle costruzioni costituiranno un punto di attrazione per le imbarcazioni che transiteranno in prossimità della diga.
In questi edifici troveranno collocazione le attività bisognose di volumi coperti (ristorante e servizi igienici, servizi nautici, spazi per eventi e conferenze, piccoli depositi, ecc.), oltre che le centrali termiche legate all’impianto di generazione di energia da geotermico (queste ultime troveranno posto nei volumi parzialmente interrati degli edifici).
Le facciate degli edifici occupate dalle grandi vetrate guarderanno verso le due punte, costituendo, a tutti gli effetti, dei “cannocchiali” visivi verso le coste di ponente e di levante, accentuando il legame della diga con il territorio collinare che racchiude il golfo.
Le due estremità della diga, essendo più esposte alle intemperie marine, ospitano alcune strutture di tipo “temporaneo”, con un corpo in vetro avvolto esternamente da una cortina discontinua di brise-soleil in legno. Il telaio delle vetrate sarà visibile, mentre quello delle strutture ombreggianti, nascosto dalla listellatura, contribuirà a conferire alle strutture un aspetto leggero ed etereo. Assumeranno un aspetto spigoloso e irregolare e saranno collegate da una passeggiata aerea che aumenterà la controventatura e diminuirà l’effetto vela prodotto dai venti incidenti sulle superfici vetrate.
La passeggiata aerea sarà fruibile dalla passeggiata sottostante, per coloro che provengono dalla zona centrale, come dal piano inferiore dei fabbricati. Sarà destinata in gran parte ad usi legati alle attività di take away previste all’interno delle strutture leggere.
Queste strutture sono state concepite per essere smontate e depositate, alla fine della stagione turistica, all’interno dei depositi interrati degli edifici semi-ipogei.
Le aree scoperte seguono le intenzioni di progetto che hanno portato all’ideazione dei volumi architettonici: usi differenziati e riconoscibili tramite diverse pavimentazione nella parte centrale maggiormente protetta e più ampia (aree destinate ai servizi all’aperto delle attività di ristorazione, spazi per conferenze ed eventi, aree sportive e di svago, zone ludiche, spazio giochi per i bambini), pavimentazione continua ed uniforme intorno alle strutture leggere delle due punte.
Per accentuare la differenziazione degli usi e delle destinazioni delle aree scoperte nella parte centrale, si prevede di intervenire con leggeri dislivelli, posizionando le banchine fisse ad una quota leggermente ribassata rispetto alla zona immediatamente prospiciente gli edifici.
Nelle zone scoperte delle due punte, la pavimentazione disegnerà un’area di aggregazione centrata sulle costruzioni e sulla passeggiata aerea che funzioneranno visivamente come veri e propri “terminali visivi”.
Per motivi pratici e per aumentare l’economicità dell’intervento, data l’estensione delle superfici interessate dal progetto, non si prevede di pavimentare l’opera superficiale di banchina, ovvero l’ultima gettata di calcestruzzo. Quest’ultima potrà essere eseguita e rifinita in modo da poter essere utilizzata e calpestata direttamente, senza ulteriori opere di completamento, soprattutto nelle zone a destinazione nautica.
Al contrario, è prevista la pavimentazione di tutto il percorso longitudinale che attraversa la diga in modo da disegnare una linearità sinuosa continua che, dall’area centrale, si distribuisca sino ai due terminali sulle punte, passando sopra il ponte girevole.
La continuità di attraversamento sarà assicurata dall’uso di un unico tipo di pavimentazione, costituito da doghe in EPS, ovvero polistirene espanso sinterizzato proveniente dal riciclo degli scarti delle lavorazioni plastiche.
Questa pavimentazione si presta egregiamente ad essere utilizzata in contesti prossimi al mare, data la sua alta resistenza all’esposizione ai raggi UV, alle intemperie e all’intenso calpestio. Può essere fissata direttamente sul calcestruzzo di banchina e il suo aspetto superficiale la rende indistinguibile da qualsiasi fibra di legno naturale, conferendo gradevolezza alla vista e al tatto, nel caso di utilizzazione a piedi scalzi.
Il disegno della pavimentazione è pensato anch’esso come elemento continuo e uniforme, ma frammentato: i perimetri dei settori di posa delle doghe sono impostati su direttrici sfalsate ed irregolari, a base trapezoidale.
Nella zona centrale trovano collocazione anche alcune superfici in gomma antiurto, facilmente lavabili ed inattaccabili dalla salsedine, in modo da rendere fruibili a fini ludici alcune superfici dell’ala interna che saranno adibite ad area sportiva.
La pavimentazione del lungo percorso longitudinale, così come le superfici gommate antiurto, saranno completamente rimosse al termine della stagione turistica estiva e depositate all’interno dei volumi appositamente recuperati negli edifici semi-ipogei.
SPAZI DI ATTRACCO E SPECCHIO ACQUEO PROTETTO
L’ala interna, protetta dal frangiflutti verso il mare aperto, accoglie alcune banchine dotate di sette pontili costituiti con elementi galleggianti assemblati.
Date le dimensioni del bacino interno e la lunghezza della linea di attracco sarà possibile ospitare contemporaneamente almeno 220 imbarcazioni di piccola e media stazza (sino a 12-15 metri). I pontili galleggianti sono distribuiti su ambedue le linee di accosto del pennello centrale, ovvero negli specchi acquei maggiormente protetti e tranquilli.
È possibile l’attracco anche per i battelli adibiti al trasporto dei turisti.
SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE ED EFFICIENZA ENERGETICA
Gli interventi proposti sono pensati nell’ottica di perseguire il massimo risparmio di energia e di materiali non rinnovabili.
La sagomatura delle due nuove barriere frangiflutti è stata studiata in modo da ottimizzare il recupero dei materiali derivanti dalla demolizione della diga originaria, con un modesto apporto di nuovo materiale da cava. Inoltre, dovendo comunque eseguire alcune opere di sistemazione del fondale per preparare la costruzione del basamento subacqueo, si è colta l’occasione per pensare di installare un impianto di produzione di energia da geotermia naturale.
La geotermia è l’unica fonte energetica totalmente rinnovabile, non impattante sull’ambiente e a rendimento costante, essendo il gradiente termico profondo indipendente dagli orari giornalieri e dalle condizioni meteorologiche. I costi di installazione delle sonde sono irrilevanti, se le opere di carotaggio possono essere eseguite contemporaneamente a quelle di preparazione del fondo marino per il nuovo basamento delle barriere frangiflutto progettate ex-novo. Inoltre, un impianto di geotermia, a differenza di un impianto fotovoltaico tradizionale, non alcun impatto negativi sull’estetica del sito, così come non comporta costi economici ed ambientali legati allo smaltimento dei pannelli solari alla data della loro dismissione (un pannello fotovoltaico in condizioni marine ha una durata massima di utilizzo di circa quindici anni).
L’apporto energetico costante assicurato dallo scambio termico tra terreno profondo e sonde verticali permette di soddisfare le richieste diversificate di tutte le costruzioni e di tutti gli impianti tecnologici secondari (raffrescamento, cablaggi, sistemi elettrici interni degli edifici, riscaldamento, produzione di acqua calda sanitaria, cottura dei cibi, ecc.), così come è in grado di assicurare il perfetto funzionamento di tutti gli apparati di banchina necessari alla gestione degli approdi situati nella baia interna.
L’unico apporto elettrico necessario proveniente dall’esterno dell’impianto geotermico è assicurato dalla rete di illuminazione pubblica, costituita da circa 220 lampioni a tubolare in acciaio zincato.
Questi lampioni sono dotati di una lampada a led con flusso di emissione controllato elettronicamente. All’apice del tubolare è installata una fotocellula voltaica che accumula energia sia per il led, sia per il funzionamento delle pompe di calore del sistema geotermico. A differenza del classico pannello fotovoltaico, la fotocellula produce energia da accumulo di calore (assicurato dal tubolare in acciaio) e per irraggiamento solare diretto. La durata media di queste fotocellule è di circa 70 anni, grazie alla protezione alle intemperie offerta dal tubolare metallico.
Inoltre, si è cercato di abbattere il quantitativo energetico medio di energia necessaria complessiva e di picco, utilizzando alcuni accorgimenti architettonici: posizionamento accorto dei corpi di fabbrica, con predilezione per affacci vetrati verso i quadranti “mediamente” esposti (NE e SW), in modo da equilibrare la dispersione termica attraverso la vetrata con l’optimum di aeroilluminazione interna; posizionamento di brise-soleil sulle vetrate più esposte all’irraggiamento solare estivo; utilizzazione di pannelli multistrato ad alta inerzia termica ove possibile, soprattutto sui fronti esposti a settentrione e a solatìo; uso accorto dei volumi controterra, in modo da utilizzare la capacità dispersiva termica naturale del terreno in estate o l’isolamento assicurato dai terrapieni durante le ore notturne e le stagioni climatiche meno favorevoli.
Infine, le costruzioni proposte utilizzano materiali costruttivi ecocompatibili e totalmente riciclabili (vetro, legno, metalli). Le pavimentazioni sono in materiali riciclati provenienti dalla macinazione degli scarti delle lavorazioni plastiche (EPS), mescolati a collanti naturali ed estrusi direttamente nel formato progettato.
DATI QUANTITATIVI DI PROGETTO
Dati generali
Superficie totale d’intervento 95.030 mq
Sviluppo lineare della diga in progetto 3.050 m
Superfici coperte totali (edifici + terrazze aeree) 2.130 mq
Superfici utili totali 1.910 mq
Superfici pavimentate destinate a percorsi 21.600 mq
Superfici non pavimentate utilizzabili 71.300 mq
Sviluppo lineare del percorso pedonale longitudinale 2.550 m
Sviluppo lineare del percorso ciclabile 4.450 m
Dati quantitativi relativi alla nuova darsena del polo centrale
Spazio acqueo protetto 44.700 mq
Superficie darsena 20.400 mq
Sviluppo lineare darsena (linee d’attracco) 1.100 m
Numero pontili galleggianti 7 (35 elementi galleggianti)
Superficie pontili galleggianti 1.800 mq
Attracchi 220
Ingombro massimo delle imbarcazioni in attracco (fuori tutta) 15 m
Aree pavimentate in EPS 4.200 mq
Aree pavimentate in gomma antiurto 600 mq
Aree a giardino roccioso 2.400 mq
Superfici coperte (edifici ipogei) 470 mq
Superfici calpestabili su copertura degli edifici ipogei 930 mq
Depositi interrati o seminterrati 360 mqDati quantitativi relativi alle aree delle punte di Santa Maria e di Santa Teresa
Superficie totale coperta 720 mq
Superfici utili 1.440 mq
Superfici delle terrazze aeree 940 mq
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