RICCO&NERI architetti associati
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Masterplan degli interventi di edilizia residenziale non convenzionale nell'area di Mestre-Bissuola, Via Cà D'Oro (Venezia)

Ente banditore: IVe - La Immobiliare Veneziana, San Marco 4136 - 30124 VENEZIA
Maggio - Luglio 2009


PROGETTO PARTECIPANTE

Progettisti: RICCO&NERI architetti associati, La Spezia
Arch. Daniele Neri (capogruppo)
Arch. Gianfranco Ricco
Arch. Fabrizio Esposito
Arch. Claudia Farinelli
Arch. Michela Nardini

Collaboratori:
Ing. Ermanno Monico e Luca Pellegrini (SdiS S.r.l., Genova - 3-sixty renewable's energies group) per la progettazione delle tecnologie ecocompatibili e di risparmio energetico
Arch. Paolo Lanfranconi (PLA, Genova - Certificatore Energetico SACERT) per le prestazioni energetiche degli involucri edilizi e degli impianti tecnologici
Dott. Paolo Buffa e Geom. Davide Vitelli per la renderizzazione del progetto architettonico

 

   
Quando le tribù germaniche videro edificarsi i ponti, le vie e le mura dei romani,
e con poca fatica tramutarsi in vigneti le rive del Reno,
esse abbracciarono tutte quelle opere con un solo nome,
tanto che, ancor oggi, la lingua tedesca chiama con una medesima voce
l’arte di edificare e l’arte di coltivare: l’agricoltura non suona coltivazione,
ma costruzione (
ackerbau) e il colono è un edificatore (bauer).
Un popolo, quindi, “edifica” i suoi campi come le sue città.
E fare in modo che una casa sia abitata a sovrapposti piani da diverse famiglie,
così come lo strato fecondo dei campi divenga atto a nutrir questa stessa gente.
Carlo Cattaneo



Il MASTER PLAN per l’area di Mestre - Bissuola di AMBIENTE E2 - ENERGY (R)EVOLUTION intende risolvere in maniera unitaria alcune problematiche dell’abitare contemporaneo:
• gli effetti di esclusione e polarizzazione sociale indotti dall’elevato costo delle abitazioni e legati alla “polverizzazione” del nucleo familiare tradizionale, sempre più spesso mononucleare e monoreddito;
• la riduzione dell’impegno economico statale nel settore dell’edilizia pubblica;
• le strategie del mercato privato, sempre più rivolte a famiglie con elevato potere di spesa;
• l’inefficiente rapporto qualità/ prezzo delle costruzioni e della loro gestione, derivante dall’assenza di ricerca sperimentale e concorrenza all’interno del settore edilizio;
• la bassa flessibilità del mercato alle evoluzioni qualitative e quantitative della domanda immobiliare;
• il degrado indotto dalle dispersioni a bassa qualità edilizia negli spazi aperti periurbani;
• la questione ambientale e l’esigenza di ridurre gli sprechi delle risorse naturali non rinnovabili e delle fonti energetiche;
• la comparsa di nuovi stili di vita attenti alla qualità dell’abitare.
 

AMBIENTE E2 - ENERGY (R)EVOLUTION assume queste problematiche come punto di partenza e le risolve spostando l’attenzione dall’esclusività delle “forme” architettoniche alla definizione di un organismo architettonico integrato ove l’immagine formale si coniuga con la “qualità” del processo progettuale.
Le mutate condizioni economiche individuali e collettive, unitamente alle trasformazioni sociali e demografiche, impongono nuovi modelli abitativi che possono essere soddisfatti solo proponendo un’integrazione ragionata tra qualità degli spazi interni e organizzazione distributiva degli stessi, tra spazi esterni e contesto, tra prestazioni tecnicamente avanzate ecocompatibili e genesi degli involucri edilizi.
La ridefinizione del processo progettuale secondo le linee di AMBIENTE E2 - ENERGY (R)EVOLUTION è finalizzata alla creazione di organismi architettonici flessibili ed innovativi e ad innalzare il livello qualitativo dell’abitare.
 
          Con l’espressione città diffusa, si indica un territorio dai contorni indefiniti, sorto a partire dalle fasi tarde del processo di industrializzazione che ha investito il Nord Est italiano. Si tratta di una situazione radicalmente diversa da quella della città compatta e dai limiti riconoscibili: qui la funzione residenziale è praticamente esclusiva, ma il paesaggio che si legge è labirintico e deprimente, e i lotti liberi residui hanno l’aria di vuoti in attesa di saturazione. Percorrendo le fasce di territorio trasformate da queste forme d’espansione, è molto raro vedere nei giardinetti davanti alle case bambini che giocano o persone che si parlano, sedute all’ombra. Solo di rado si nota qualcuno che fa opera di manutenzione o di giardinaggio.
Alla scala urbana e collettiva, la città diffusa non è piacevole e l’apparente vivibilità di questo territorio a bassa densità abitativa nasconde un costoso e dissennato consumo di suolo e risorse finite. A ciò si sommano alcune condizioni culturali e sociali percepibili diffusamente ma quasi mai affrontate in modo comprensivo e non episodico: la perdita di identità e di senso di appartenenza degli abitanti; la destrutturazione del sistema segnico storico, cancellato dalla diffusione urbana indistinta; l’assenza di criteri d’ordine e di senso della res pubblica e degli spazi collettivi.
La città diffusa è ormai il prodotto di una più generica perdita delle capacità di riconoscere nei luoghi tratti dell’identità delle comunità che vi abitano e, in senso culturale e di gestione del territorio, “l’esito annunciato dell’eliminazione dei segni identitari dalla lista delle prestazioni etiche che ogni intervento sul territorio deve conseguire” (M. Augè, 1992). Tuttavia esiste una domanda di città diffusa; esiste una richiesta di non-città soddisfatta attraverso l’edificazione diffusa di casette unifamiliari isolate, con un minimo di pertinenza a giardino e dotate di box auto. Questa domanda non è liquidabile solo come aberrazione della città, come fenomeno da cancellare o come manifestazione territoriale da impedire. È necessario ricondurre questa domanda ad un disegno territoriale in cui siano riconoscibili alcuni principi d’ordine (controllo del consumo di spazio e salvaguardia della qualità dell’ambiente su tutti) ed alcune linee di forza della forma urbana, indotte sia da un’appropriata azione progettuale sia dalla coerenza con le peculiarità morfologiche del territorio.
Per oltrepassare la città diffusa, è necessario che si verifichino condizioni appropriate e che vengano adottate misure e azioni adeguate. Si pone fortemente il problema della “ forma” (non solo dei singoli oggetti architettonici) unito a quello delle politiche di governance del territorio, in quanto promuovere l’efficienza, la razionalità e la sostenibilità progettuale potrebbe non risultare sufficiente a conservare un paesaggio o a crearne uno nuovo. È necessaria un’interazione tra dinamiche socio-economiche in atto e programmazione culturale di un quadro interpretativo complesso, che riconnetta progetto d’architettura e sito, aiutando i progettisti a comprendere che il contesto non è la rivista d’architettura o il dibattito astratto, ma il territorio reale, ruvido, della quotidianità.
In aggiunta a queste problematiche, si pongono le questioni derivanti dalla comparsa di modelli di vita e di uso del territorio profondamente diversi da quelli con i quali si è misurata la progettazione delle espansioni periferiche fino agli anni ‘70, della crescente richiesta di qualità abitativa a prezzo calmierato in seguito alla progressiva diminuzione dei redditi e dei componenti dei nuclei familiari, dell’esigenza di ridurre i consumi delle risorse finite (prime tra tutte il suolo): si pone un problema di cultura generale nell’uso e nell’evoluzione del territorio, patrimonio identitario e culturale collettivo.
L’aspetto socio - economico e demografico più importante da tener presente riguarda l’impossibilità, per una fascia sempre più ampia di potenziali abitanti, di acquistare o di affittare un’abitazione adeguata al proprio stile di vita. Si tratta di appartenenti alla fascia media, che, per l’innalzamento dei valori del mercato immobiliare sia residenziale che locativo, rischiano di restare vittime di processi di esclusione territoriale e sociale. Ne fanno parte le coppie monoreddito, gli anziani, gli studenti, i giovani al primo impiego e i single, ovvero tutti coloro che, tendenzialmente, si rivolgono al mercato della locazione immobiliare per affitare abitazioni di grado qualitativo anche elevato.
Questo mercato, in Italia, è detenuto quasi esclusivamente da privati, poiché gli investitori istituzionali, a causa della scarsa redditività di questa tipologia d’investimento, hanno spostato l’attenzione verso altri settori.
Per rispondere alla richiesta di abitazioni di qualità a canone accessibile, quindi, si viene a delineare l’esigenza di immettere sul mercato edilizia abitativa destinata alla locazione di lunga durata e a canone moderato, sul modello del social housing, che, oltre a garantire un contesto abitativo e sociale elevato, tenta di ideare e realizzare una gamma di servizi che investono le componenti materiali ed immateriali della casa, innalzando il livello di qualità e vivibilità urbana e permettendo condizioni di vita migliori.
Per comprendere meglio quali saranno i bisogni da soddisfare, inoltre, è utile soffermarsi brevemente sull’evoluzione socio-demografica italiana, individuando le fasce sociali che hanno difficoltà ad inserirsi nel mercato immobiliare e che tipo di domanda esprimono.
Il primo dato rilevante riguarda l’invecchiamento della popolazione (nel 2010 un italiano su cinque avrà più di 65 anni e nel 2030 il rapporto sarà di 1 su 4) (Proiezioni ASSOIMMOBILIARE, 2005). Alla luce di ciò è utile prevedere le esigenze di una popolazione così composta in termini di infrastrutture, qualità della vita, barriere architettoniche e servizi specifici . Un secondo dato riguarda il costante aumento dei nuclei familiari e la contemporanea diminuzione dei componenti del nucleo stesso. Cresce in modo sensibile, infatti, il numero dei single, delle coppie senza figli, degli anziani soli, dei nuclei “di ritorno” formati dallo scioglimento di precedenti unioni. A tale aumento numerico non corrisponde un incremento o una facile riconversione dello stock abitativo con l’unico risultato di aumentare ulteriormente lo squilibrio tra domanda e offerta. Un terzo dato riguarda il costante aumento di coloro che guardano all’affitto come ad un’opportunità potenzialmente vantaggiosa (alla luce della mobilità richiesta dal mercato del lavoro e della flessibilità contrattuale che talvolta sfocia nella precarietà) e come ad una scelta strategica nella pianificazione dell’economia familiare (dettata dai crescenti costi fiscali legati al possesso e alla gestione e manutenzione del bene immobiliare). Da queste brevi considerazioni traspare l’opportunità, per il settore delle locazioni, di immettere velocemente sul mercato abitazioni destinate alla locazione di lungo periodo e a canone moderato.
AMBIENTE E2 - ENERGY (R)EVOLUTION, con il MASTER PLAN per l’area di Mestre - Bissuola, intende proporre uno schema operativo che, utilizzando le risorse economiche disponibili e rispettando i principi di eco - sostenibilità, possa prefigurarsi come progetto pilota capace di rispondere alla richiesta di qualità abitativa nelle espansioni edilizie della città diffusa unitamente alla domanda di abitazioni destinate alla locazione nel lungo periodo e a canone moderato. Nella realtà di Mestre - Bissuola si riscontrano elementi che suggeriscono la dispersione verso l’esterno di un’edificazione che presenta una sorta di gradiente, man mano che ci si allontana dalla città consolidata, costituito da forme crescenti di consumo del territorio con tipologie a bassa densità e a bassa qualità, con assenza di fuochi o poli di aggregazione collettiva. Un insieme di fattori infrastrutturali, fondiari e di altro genere, hanno reso appetibile questa fascia territoriale più di altre, determinandone la progressiva costipazione. Di fatto, procedendo verso est, la città diffusa sta occludendo le residue aree circoscritte dalla tangenziale 14 bis. Tuttavia il territorio non è mai isotropo, anche quando le modalità di crescita e di espansione urbana sembrano dettate dalla casualità più assoluta e dalla più totale disinvoltura nei confronti della morfologia dei luoghi: “è sempre possibile leggere i condizionamenti e i rapporti con il contesto, i pesi e le influenze dettate dalla conformazione fisica e funzionale delle preesistenze” (Castelnovi, 2002).
Nel caso di Mestre - Bissuola, la città diffusa trova spazio non nel vuoto ma in un contesto consolidato, presentandosi come evoluzione all’interno di un milieu preesistente (cfr. Magnaghi, 2005), spinta dai cambiamenti del sistema produttivo e della mobilità privata. In questo territorio viene ospitato soprattutto il prodotto dell’antiurbanesimo, della fuga dalla città e della realizzazione dell’archetipo della residenza isolata nel verde, lontano dalle crescenti esternalità della città consolidata. Ben lungi dall’assomigliare allo sprawl urbano statunitense, leggibile come un pura texture indifferenziata (cfr. Ingersoll, 2004), l’espansione edilizia in quest’area sembra sempre alla ricerca di centralità e si addensa/dirada in certi luoghi, ricompone mete e siti privilegiati, restituisce una forma di gerarchia nell’apprezzamento collettivo del territorio. Questa gerarchia si appoggia a polarità più effimere, ad una concorrenza selettiva tra i centri, ad una mobilità estesa e incontrollabile, ma restituisce un’immagine blandamente polarizzata, non destrutturata e caotica. Nella dispersione insediativa dell’area orientale di Mestre, si instaura una articolazione tra le parti, una città reticolare e diramata che costituisce una sorta di esoscheletro dell’urbanizzazione diffusa. La comprensione delle gerarchie latenti di questa città possono essere assunte quali punti di partenza per formulare una proposta progettuale coerente con le condizioni del sito e rispondente alle richieste dei nuovi modelli di abitabilità.
AMBIENTE E2 - ENERGY (R)EVOLUTION considera, come fulcro metaprogettuale, il mantenimento della massima superficie permeabile possibilenell’area di intervento. Questo approccio è giustificato dalle preesistenze agrarie stratificatesi nel tempo e attualmente in via di dismissione. Inoltre, minimizzare il consumo di suolo mantenendo un’elevata percentuale di superficie permeabile a fondo naturale, permette di perseguire altri obiettivi strategici: favorire i cicli biogeochimici naturali, disporre di aree verdi ad alto valore qualitativo, aumentare la caratterizzazione “collettiva” del comparto, favorendo le relazioni di vicinato.
La tipologia a torre, sviluppandosi verticalmente, si adatta maggiormente a questo indirizzo metaprogettuale poiché mantiene un impianto minimo di occupazione del suolo e soddisfa le esigenze di una migliore qualità della vita rispetto alla tipologia di case in linea o alla diffusione capilare di piccole villette a schiera.
L’esaurimento dell’indice edificatorio (17.780 mq di Sp) è ottenuto, quindi, progettando tre torri con superficie di base pari a 576 mq (24 x 24 metri), per un’altezza di 60 metri suddivisi in venti piani (piano terra a destinazione commerciale e collettiva, 18 piani residenziali, tetto a giardino). La superficie residenziale complessiva raggiunge, così, i 16.585 mq, mentre le restanti superfici coperte sono destinate agli usi comuni. I piani interrati sono destinati ai locali tecnici, ai box auto e alle cantine. Complessivamente, il comparto può ospitare sino a 231 nuclei familiari, secondo le percentuali richieste delle varie tipologie.
La scelta, quindi, di mantenere la massima superficie permeabile detta anche altre soluzioni progettuali, come ad esempio il recepimento dei parcheggi ad uso pubblico all’interno dell’area. La soluzione adottata è, infatti, quella di inglobare la lunga striscia di terreno adibita a parcheggio pubblico sul lato orientale, parallela alla tangenziale, in un terrapieno completamente rivestito di vegetazione. In questo modo si crea anche una barriera al rumore aereo proveniente dalla limitrofa tangenziale oltre che una barriera visiva dall’interno dell’area verso la tangenziale stessa. Inoltre, movimentando il terreno in questo modo, è possibile sfruttare l’area altrimenti non edificabile perché all’interno della fascia di rispetto stradale.
Il disegno complessivo del progetto nasce dalla contaminazione tra il riconoscimento dei lacerti della centuriatio e il quadro di Piet Mondrian del 1914, Plus Minus - Composizione n. 6: la centuriazione in quanto organizzazione dello spazio suddiviso in superfici vivibili e i quadri del pittore olandese per la razionalizzazione delle forme architettoniche e naturali fino a ridurle a una struttura lineare e grafica. Tale divisione del territorio permette di creare ampi spazi vivibili e facilmente fruibili dagli abitanti: le ampie piazze verdi, i giardini, il teatro all’aperto, gli orti urbani organizzati, i luoghi collettivi scoperti negli innesti delle torri sono tutti spazi ampi e areati, ombreggiati naturalmente; i percorsi pedonali non si limitano a vialetti ridotti a metrature di norma tecnica, ma sono ampi viali pedonali e ciclabili che permettono passeggiate e collegamenti veloci tra i punti focali dell’area.
Lo spazio centrale del progetto è quello racchiuso in un quadrato delimitato da viali alberati a prevalenza di tigli nostrani (Tilia platyphyllos Scop.), al cui interno troviamo: due torri; i luoghi di aggregazione comune pavimentati, dotati di ampie sedute raffrescate dalla vegetazione; le piazze verdi; le vasche e i giochi d’acqua; il teatro verde.
Tutte le aree sono dotate di un sistema di irrigazione automatico che ne facilita la gestione, anche se si è pensato ad una sistemazione che richiede poca manodopera, se non quella stagionale per la ripulitura dalle foglie cadute e la salubrità delle specie vegetali. Anche i prati sono stati pensati con miscele ad elevata resistenza al calpestio che richiedono ben pochi sfalci nell’arco dell’anno. Al di fuori del polo centrale del progetto è collocata la terza torre, altre superfici verdi e non, e gli orti urbani. Questi ultimi occupano una superficie di circa 3.100 mq e sono organizzati sempre secondo una severa geometria ortogonale. Le pezzature coltivabili sono da 50 mq e 25 mq. Gli orti sono dotati di una viabilità interna che ne agevola la fruizione, possiedono una capanna per il ricovero degli attrezzi con adduzione idrica per l’irrigazione e tetto a pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica (reimmessa nel circuito generale).
La viabilità interna è prevalentemente ciclo - pedonale, salvo quella necessaria al raggiungimento dei parcheggi a raso e degli interrati. L’ingresso all’area è su Via Cà D’Oro. La viabilità carrabile si sviluppa lungo i lati sud ed est del lotto ed è a unico senso di marcia. L’anello si chiude con l’innesto nelle strade principali a nord e ovest (Via Cà D’Oro appunto) che tornano ad essere a due sensi di marcia. Internamente si hanno percorsi a prevalente sviluppo perpendicolare tra loro accompagnati nel loro andamento da filari di alberi di tiglio, catalpa e acero campestre. I parcheggi pertinenziali sono inseriti nel sottosuolo, al secondo piano interrato, e hanno una superficie di 12.800 mq circa. Sono costituiti da 269 box auto e 97 cantine, divisi in 3 comparti separati di pertinenza delle rispettive torri. Allo stesso livello sono poste le cisterne di raccolta delle acque, le cisterne di depurazione e desaponificazione, il compostatore e il pirogassificatore. Altri locali tecnici (locali pompe idrauliche, batterie elettriche e altri impianti) trovano collocazione nel primo piano interrato immediatamente sottostante la torre, con la stessa metratura di sviluppo in pianta.
La collocazione al secondo piano interrato dei box pertinenziali, delle cantine e delle componenti impiantistiche maggiori, è dettata dall’esigenza di non interferire con la crescita delle piante sovrastanti.
I movimenti di terra derivanti dagli scavi degli interrati vengono utilizzati per ricoprire la struttura di ricovero dei posti auto pubblici, lungo il confine orientale dell’area, realizzando, al contempo, anche una barriera fisica e visiva tra l’area e la tangenziale.
     
LE TORRI: ORGANISMI ARCHITETTONICI INTEGRATI NELL’AMBIENTE
 
FILOSOFIA
Le tre torri costituiscono il fulcro della filosofia di AMBIENTE E2 - ENERGY (R)EVOLUTION, essendo pensate sia come fabbricati residenziali di alta qualità, sia come macchine tecnologiche ad impatto nullo sull’ambiente, sui cicli naturali e sul biota.




 
STRUTTURA
La distribuzione ai piani avviene tramite un corpo centrale facente funzione strutturale che contiene il corpo scala, gli elevatori, i cavedi, le zone sicure dinamiche e le distribuzioni agli appartamenti. Dallo stesso corpo si accede ai due piani interrati di cui il primo accoglie alcuni locali tecnici nello stesso sedime dell’edificio mentre il secondo, più profondo e più esteso, accoglie i box, le cantine pertinenziali e i locali tecnologici. Quattro setti collaborano con il corpo centrale strutturale liberando completamente la muratura perimetrale da ogni carico strutturale.
TIPOLOGIE
Le tipologie degli appartamenti intendono rispondere alle problematiche dell’abitare contemporaneo rilevate dall’ente banditore e sono destinate, in gran parte, a locazione a canone calmierato. I tagli tipologici sono quattro (MINI, MIDI, MAXI 2 e MAXI 3) ma nessun appartamento è identico ad altri di identica categoria poiché la torsione delle torri impone disegni in pianta sempre diversi.



 
SPAZI COLLETTIVI
Estrema importanza assumono alcuni spazi “collettivi” ovvero utilizzabili da tutti gli abitanti: lavanderie con asciugatore, locali freezer, spazi per il bricolage o per il deposito di attrezzature comuni, ecc. Si tratta di spazi “liberi”, utilizzabili e definibili di volta in volta dagli abitanti stessi. Questi spazi, oltre che permettere di ripartire le spese di gestione tra tutti coloro che li utilizzano, liberano superficie nei singoli appartamenti (chi utilizza frequentemente la lavanderia collettiva potrà utilizzare la superficie del suo appartamento destinata a questo uso in altro modo). Questi spazi sono stati pensati anche e soprattutto per aumentare l’interazione tra gli abitanti, favorendo il senso di appartenenza ad una collettività integrata



SPAZI DI NATURA
Uno degli obiettivi di maggior importanza del progetto AMBIENTE E2 - ENERGY (R)EVOLUTION mira a realizzare un ambiente naturale ad alta qualità sulle superfici permeabili dell’area.
La crescita ottimale delle alberature e della vegetazione è ottenuta costruendo gli interrati che ospitano i box, le cantine pertinenziali, le cisterne, i compostatori e le altre strutture tecnologiche, alla quota del secondo piano sottostrada. Operando in questo modo, i locali interrati sono ricoperti da uno strato di suolo di circa 3,50 metri, che garantisce una perfetta crescita delle specie vegetali, anche di quelle a forte sviluppo verticale, come i bagolari e i tigli. Nella stessa ottica, la disposizione delle serpentine dell’impianto geotermico di superficie viene posata immediatamente al di sotto del solaio di calpestio del secondo piano interrato, restando sufficientemente lontana dagli apparati radicali delle piante.
Per quel che riguarda la scelta delle specie utilizzate si è cercato di avere una modesta varietà di esemplari, per creare un gioco di colori e forme, in modo da non ottenere un ambiente statico ma in continuo mutamento con il cambiamento delle stagioni e delle giornate. La cromia delle foglie è particolarmente interessante: si passa dal verde scuro dei tigli al verde brillante della catalpa, al chiaro degli aceri e dei platani sino ad arrivare agli argentati del bagolaro, dei pioppi e dei salici. L’effetto cromatico è ulteriormente esaltato dalle infiorescenze che, nell’arco dell’anno, passano dal rosa intenso dell’albero di Giuda (Cercis siliquastrum L.) al bianco candido delle catalpe (Catalpa bignoniodes), passando attraverso il giallo dei tigli (Tilia platyphyllos Scop.). La formazione delle “piumette” generate dai pioppi, che creano problemi di allergie stagionali, è ovviata usando esemplari maschili della varietà “italica”.
Sommariamente, all’interno del sito si ritrovano le seguenti specie: il tiglio nostrano (Tilia platyphyllos Scop.), il platano comune (Platanus acrifolia (Aiton) Willd.), il pioppo cipressino (Populus nigra L. var. Italica), il bagolaro (Celtis australis L.), il salice bianco (Salix alba L.), l’albero di Giuda (Cercis siliquastrum L.), la catalpa (Catalpa bignoniodes) e l’acero campestre (Acer campestre L.).
Il tiglio è usato in filari lungo i viali principali di cui sottolinea la geometria. Il suo portamento maestoso è utile per il raffrescamento naturale dei camminamenti. Il colore delle foglie è verde scuro, adatto a creare i giochi di colore con le foglie delle altre specie piantumate. Inoltre, è fortemente attivo nel sequestro sotterraneo della CO2.
Il platano, che attualmente è la specie prevalente, è usato per sottolineare l’andamento dei canali, delle acque e delle strade. Se ne mantiene il filare lungo il lato sud del lotto e l’inizio della delimitazione del canale del vecchio sistema di irrigazione dei campi, che sarà interrato e diventerà un viale alberato ciclo - pedonale di imbocco al sovrappasso sulla tangenziale. È usato in alternanza con il pioppo cipressino per creare movimento al passare del vento e diversità geometrica nelle forme. Il pioppo, per il caratteristico portamento snello e slanciato con l’attacco dei rami molto basso e la densità del fogliame verde brillante e argentato, viene anche usato nei luoghi in cui è necessario un forte effetto schermante. La forma del bagolaro è imponente, caratteristica che ne rende particolare l’utilizzo in singoli esemplari, per esaltarne la forma e permetterne uno sviluppo incondizionato da vicinanze con altri individui di eguale grandezza.
Il Cercis siliquastrum, comunemente chiamato “albero di Giuda”, viene utilizzato in esemplari singoli, accoppiati a quelli della stesse specie e ad altri di bagolaro, questi ultimi in contrasto per forma e dimensione. Il Cercis ha fiori rosa intenso e foglie verdi brillante. Il salice bianco, forte produttore di acido acetilsalicilico, è inserito vicino ai luoghi di aggregazione (anfiteatro e sedute sparse vicino alle torri residenziali) per beneficiare dei suoi effetti salutistici. È da apprezzare anche per il particolare colore argentato delle foglie. Data la sua caratteristica di tenere lontane zanzare e insetti nocivi per l’uomo e le specie vegetali in genere, si è deciso di inserire la catalpa vicino alle torri residenziali e agli spazi di aggregazione comuni, per sfruttarne al meglio le caratteristiche benefiche e formali, data la forma maestosa e le piacevoli infiorescenze bianche stagionali. Infine, l’acero campestre è utilizzato per delimitare l’area degli orti urbani, perché, se piantato in filari a esemplari molto vicini, mantiene una dimensione limitata e crea una bordura bassa e compatta, simile ai muri di una stanza. Il colore delle foglie è vede chiaro, brillante.
All’interno degli orti urbani si è ipotizzata la messa a dimora di alcune specie di alberi da frutto ad uso domestico, tra le quali: il melo (Malus domestica Borkh.), il pero (Pyrus communis L.), il ciliegio (Prunus avium L.) e l’albicocco (Prunus armeniaca L.). Sono specie molto produttive nei climi italiani, oltre a risultare gradevoli per le forme geometriche e varie dell’impalcato, per la cromatura delle foglie e per il colore dei fiori nella stagione riproduttiva.
Sono state pensate due tipologie di orti urbani: una di 25 mq a sviluppo rettangolare, l’altra di 50 mq a sviluppo quadrato. Ogni appezzamento dispone dell’adduzione idrica per l’irrigazione e di una casetta in vetro, rivestita di listelli di legno con tetto in pannelli fotovoltaici, per riporre gli attrezzi da lavoro. È presente una fitta rete di percorsi secondari per raggiungere ogni appezzamento di terreno. Tutta l’area è dotata di un sistema di irrigazione automatizzato che varierà nel funzionamento in funzione della crescita delle piante. Nel primo anno si avrà un apporto maggiore di nutrimento, per creare piante dalle basi solide che svilupperanno tutte le loro potenzialità nella crescita successiva. Per gli individui isolati è prevista l’irrigazione a goccia, mentre per i prati, seminati con miscele a forte resistenza al calpestio, è stata progettata una rete di irrigazione meccanizzata a scomparsa.
All’interno delle aree verdi, nelle siepi delimitate dai muretti o dagli alberi, sono previste piantumazioni di specie arbustive o comunque di minor dimensione, che contribuiscono a creare l’effetto cromatico dato dalle infiorescenze e dal colore delle foglie. Gli arbusti saranno piante aromatiche della flora mediterranea, di gradevole profumazione lungo i percorsi pedonali, mescolati a vegetazione autoctona.
Il benessere ambientale è ulteriormente ottenuto mediante il posizionamento, in punti strategici lungo i percorsi pedonali e limitrofi agli edifici, di vasche di acqua in movimento continuo, costantemente alimentate dalle cisterne sotterranee di raccolta delle acque e movimentate dalle pompe idrauliche ricaricate dalle turbine eoliche e dal cogeneratore a gas. Nelle vasche si crea un gradevole effetto di specchiatura delle architetture e delle alberature sul velo liquido in costante movimento.



All’interno dell’area verde centrale, rialzata di circa 2,40 metri rispetto al livello stradale è stata posizionata una grande piattaforma pavimentata dal cui fondo si alzano piccoli getti di acqua che, ricadendo sulla leggera inclinazione del lastricato, scendono a cascata nella sottostante vasca di raccolta. Quest’area è utilizzabile da bambini e adulti durante i mesi caldi. Nella parte retrostante i giochi d’acqua, sono state collocate alcune sedute raffrescate dalla presenza di bagolari e alberi di Giuda. Un secondo punto focale delle aree esterne è il teatro, scavato nel terreno e contornato, su due lati, da un’alternanza di sedute in pietra e gradoni verdi digradanti verso il basso. Si tratta di un luogo artefatto che, tuttavia, con la presenza della vegetazione sulle gradonate, vuole, con il tempo, creare un ambiente in cui la natura prenderà il sopravvento rispetto alle forme architettoniche costruite. La vasca a sfioro, posta sulla sommità dell’anfiteatro, completa questo piccolo angolo naturale, insieme alle alberature perimetrali che ne delimitano la vista su due lati dal resto del complesso.
Le piazze pavimentate sono poste alla base delle torri residenziali. Poiché al piano terra delle torri sono previste alcune aree commerciali, anche le piazze assumeranno identica destinazione d’uso. Questi spazi scoperti, facilmente usufruibili, assicurano una funzione collettiva imprescindibile: sono il luogo deputato all’incontro formale tra abitanti e possono essere utilizzati anche dai gestori dei locali commerciali per la sistemazione delle aree esterne delle attività di pertinenza. Nella piazza a nord, delimitata dai tigli, aceri e pioppi, è possibile l’uso delle piazze per i mercatini rionali settimanali e per la vendita dei prodotti degli orti urbani.
È previsto anche un breve percorso coperto, ricavato dallo sbalzo strutturale dell’area verde soprastante. Questo camminamento, che si addossa al perimetro di una delle torri, permette di creare una ulteriore galleria commerciale, seppure di dimensioni contenute.


 
Sul lato est del perimetro è stato adottato un espediente che permette di schermare visivamente e acusticamente la limitrofa tangenziale. Partendo dal sedime della tangenziale si ha una prima linea di terreno pianeggiante sulla quale insiste un “filare” di turbine eoliche ad asse verticale alimentate dalla circolazione dei mezzi. Da questa quota nasce un forte dislivello del terreno, sul quale si innesta la piantagione alternata di pioppi e platani. La piantagione non scherma totalmente la vista dell’interno dell’area per chi transita sulla tangenziale, ma ne permette, a tratti, la visione lungo il percorso.
Un altro elemento che cadenza l’alternanza tra visibilità e invisibilità del comparto sono i tagli trasversali in muratura che entrano irregolari all’interno del terreno e che sembrano nascere dalla terra stessa. Al di sotto di questo dislivello, spostando il punto di vista all’interno del lotto d’intervento, si trovano i parcheggi pubblici. In questo modo non risultano visibili dalla tangenziale e restano parzialmente defilati dalla visuale interna. Nel futuro, essendo prevista, sull’area sovrastante, una piantumazione con piante a caduta, si potrà formare una “tenda” verde che segua il particolare andamento del terreno, schermando totalmente, ma i modo naturale, l’interno rispetto all’esterno.
L’illuminazione globale dell’area è limitata ai soli percorsi, pedonali e carrabili. Per i primi, è costituita da luci a led crepuscolari, posti a un’altezza massima di 50 cm lungo i percorsi pedonali. I led sono inseriti nei cordoli perimetrali, nelle sedute e nei muri di contenimento, per evitare luci troppo invadenti nell’ambiente, oltre che dannose per la crescita della vegetazione. Lungo i percorsi carrabili sono collocati alcuni lampioni a luce led, mentre nella viabilità ad est e nell’area dei parcheggi semi - interrati, l’illuminazione è demandata a fari applicati lungo la parete a sbalzo sulla strada.
Gli spazi pubblici pavimentati, quali viali ciclo-pedonali, marciapiedi e piazze, sono stati pensati in materiali chiari che permettano il massimo riflesso della luce solare, con una notevole riduzione delle temperature delle superfici e migliori effetti sul comfort.
L’effetto “isola di calore” è eliminato dalla creazione di ampi spazi verdi, su vari livelli di altezza, e dalla mancanza di una cortina di edifici bassi che isolerebbe gli spazi centrali. I materiali utilizzati sono in prevalenza il cemento elicotterato grigio chiaro, tendente al bianco, per i percorsi pedonali e ciclabili, le piazze aperte e le sedute monoblocco in travertino e pietra di Luserna, varietà chiara.
I muretti di contenimento dei livelli del terreno sono in pietra a spacco posata a mano e nei punti in cui essi, data l’altezza da terra minima (50 cm), formano delle sedute, in lastre di travertino.
Essendo l’estensione del verde massima rispetto al costruito e agli spazi pavimentati, si ritiene che gli effetti sul microclima siano benefici, in quanto il raffrescamento e l’ombreggiamento è garantito dalla quantità di verde e dalla sistemazione dello stesso, in modo da avere, in qualsiasi ora del giorno e con il passare delle stagioni, un ombreggiamento che ne faciliti la fruizione senza picchi estremi di temperature.


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